Seamus Heaney e la landscape poetry
Edward Picot, nel suo libro intitolato Outcasts from Eden, analizza la relazione tra Seamus Heaney e la landscape poetry . Egli afferma che Wordsworth e gli altri romantici hanno ispirato una maggiore consapevolezza della bellezza del mondo naturale in Gran Bretagna, influenzando in seguito poeti americani come Emerson e Thoureau.
In particolare
They were not worried about what might happen to the atmosphere if all the trees were cut down and industrialism continued at an unsustainable rate, but about what might happen to the human spirit if all the natural grandeur of the world was plundered and spoilt by Man[1].
Secondo il pensiero marxista, il mito pastorale e la landscape poetry hanno fatto il loro corso e le reazioni davanti al paesaggio naturale sono influenzate da considerazioni pratiche, sociali ed economiche. Inoltre, sia dal punto di vista spirituale che da quello estetico, non vi è differenza tra una stella o un lampione, e gli autori che preferiscono le stelle lo fanno per sfuggire alle difficoltà della vita quotidiana e alle ingiustizie terrene. La bellezza del paesaggio naturale non ha alcun vantaggio rispetto alle costruzioni dell’uomo, di conseguenza paesaggio rurale e paesaggio urbano si equivalgono.
Tuttavia, Picot nota come, con l’emergere della crisi ambientale nel dopoguerra, la poesia paesaggistica abbia acquisito rinnovata considerazione:
When we look at landscapes, after all, we can see the evidence of either the power of Man and the power of Nature. Frequently we can see both; and for this reason, landscape descriptions reflect our feelings about the relationship between Man and Nature in peculiarly intense manner. The environmental crisis has served to focus attention on this relationship as never before, and as a result the genre of landscape poetry is rapidly regaining its old importance.[2]
Nel capitolo che dedica a Heaney, analizza la sua poesia fondata sul mito di un Eden irlandese e più precisamente “an indisturbed primitive state in which the Irish people and the Irish land were united[3]” in quello che, come abbiamo visto, definisce un matrimonio tra paese geografico e paese della mente. E continua:
In Heaney’s early poetry, we find him defining two types of human behavior: firstly the rational, materialistic assertive and exploitative bahaviour which he associates with the English and with other conquering, ‘sky-worshipping’ cultures; and secondly the irrational, self-sacrificing, conservative and submissive bahaviour which ha associate with the Irish and other rural ‘mould-huggers’.[4]
E’ evidente come la sua poesia prediliga uno stile di vita devoto alla terra e veda nelle culture definite “sky-worshipper” la tentazione del serpente che arriva nel Paradiso e provoca la caduta.
Di fondamentale importanza è quindi ricordare che Heaney associa il Protestantesimo con un’attitudine razionale, materialistica e profittatrice della natura, al contrario il Cattolicesimo è visto come una tradizione istintiva e irrazionale che esprime gli impulsi inconsci della nostra mente. Queste sue considerazioni sul Cattolicesimo sono naturalmente legate al suo legame con l’Irlanda e gli irlandesi, in opposizione al Protestantesimo rappresentato dagli “English and Scottish intruders”[5].
Questa opposizione tra Irlanda e Inghilterra non è espressa solamente attraverso l’opposizione tra Protestantesimo/Cattolicesimo e la conseguente visione del paesaggio naturale, ma si riflette anche nello stile. In numerose interviste egli afferma che nella sua carriera poetica Field Work rappresenta una sorta di point of division. Prima della ‘conversione’ il suo stile è “broody” e “phonetically self-relishing”, egli afferma che le prima raccolte sono concentrate sulla struttura e sulla materialità delle parole, sulle vocali e consonanti , è uno stile che può essere associato al luogo e alla appartenenza alle proprie radici, quindi alla terra stessa e in particolare ai bogs. Lo stile degli anni settanta è quindi associato alla località e a quel mistero che caratterizza la poesia che è una parte inesplicabile della realtà, e non una delucidazione della realtà stessa. Il poeta non è colui che crea ma colui che riceve.[6]
Valentina Fera
[1] Edward Picot, Oucasts from Eden, Ideas of Landscape in British Poetry since 1945, Liverpool University Press, 1997, p. vii
[2] Idem, p. xi
[3] Idem, p.205
[4] Idem, p.207
[5] Idem, p. 206
[6] Michael Cavanagh, Walking into the light: Dante and Seamus Heaney’s Second Life, South Carolina Review, 1999, p. 123